Genitori affidatari adottano bambino sopravvissuto alla sindrome del bambino scosso: “Avevano di meglio da fare che nutrirlo”

Quando sono diventata mamma per la prima volta, avevo solo una cosa in mente: come posso assicurarmi che la mia bambina sia al sicuro e abbia tutto ciò che le serve?


Perciò, è normale che io rimanga scioccata quando sento dire di genitori che maltrattano e abbandonano i loro bambini.


Ovviamente, possono esserci determinati problemi che spiegano il comportamento di alcuni genitori. Ma non ci sono scuse per una madre o un padre che mettono a rischio la vita del proprio bambino appena nato per negligenza.


Fortunatamente, al mondo esistono dei genitori affidatari fantastici che si fanno avanti quando i genitori biologici abbandonano i loro figli.


La storia di LeAnne ed Eric mi ha commosso. Non credo che qualcuno sarebbe capace di leggere ciò che ha passato la loro famiglia senza commuoversi.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

LeAnne ed Eric hanno deciso di prendersi cura di un bambino, Easton Matthew, che aveva sofferto di sindrome del bambino scosso. I suoi genitori biologici avevano deciso di non nutrirlo perché avevano di meglio da fare, come dormire o andare al lavoro.


Grazie al cielo, Eric e LeAnne hanno sentito parlare del suo caso e hanno deciso di intraprendere un viaggio che si sarebbe rivelato una magnifica dimostrazione d’amore.


Ci è stato dato il permesso di pubblicare la loro straziante e indimenticabile storia. Spero la leggiate fino alla fine, perché, ve lo giuro, ne vale la pena!

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

“Il dottore mi ha messo in braccio un minuscolo e fragile bambino blu di 2 mesi che pesava solamente 4 kg e mi ha detto: ‘Portatelo a casa, amatelo e dategli da mangiare, perché tra qualche giorno questa storia potrebbe avere un finale diverso!’. Per la prima volta nella mia vita, avevo paura di portare a casa un bambino!


Era un giorno d’autunno del 1996 quando io ed Eric, felici di cominciare la nostra vita assieme, abbiamo detto ‘Lo voglio’. Ci siamo sistemati nella nostra casa appena ristrutturata e abbiamo iniziato a pensare di avere dei figli, 2 per essere precisi. Avevamo sempre pensato a 2 figli, ed è esattamente ciò che è successo… prima un bellissimo maschietto, poi una bellissima femminuccia. Nell’anno 2000 eravamo una famigliola completa e perfetta che si godeva la sua vita da favola in periferia.


Ma pochi giorni dopo, Eric stava ascoltando un programma in radio che si chiama ‘Concentrati sulla famiglia’ e stavano parlando di crescere dei figli con bisogni speciali. Eric ha capito di volere un altro figlio. Perciò nel 2005 abbiamo avuto un altro maschio, seguito, poco più di un anno dopo, da un’altra femmina! Adesso la nostra famiglia era completa!

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Poi è arrivato il giorno in cui ce ne siamo andati dalla città e ci siamo trasferiti in campagna. Una casa più piccola con tanto terreno in cui i bambini potessero giocare ed esplorare. La nostra casa era piena e le nostre vite impegnate, ma il nostro cuore ci diceva di soddisfare un bisogno importante. Essere genitori affidatari! Prendersi cura di bambini che, senza nessuna colpa, erano stati tolti all’unica vita che conoscevano.


Io però ho esitato. I miei genitori erano stati genitori affidatari per tanti anni, e sapevo il prezzo che dovevano pagare i figli biologici. Sapevo quanto tempo e quante attenzioni richiedevano i bambini in affidamento, tempo che purtroppo sottraevano a me e ai miei fratelli. Riuscivo solamente a pensare a quale effetto avrebbe potuto avere sui nostri figli, quelli che ci erano stati donati da Dio.


Per 2 anni ne abbiamo discusso e abbiamo fatto ricerche sull’affidamento. Abbiamo scoperto che c’erano molti più bambini bisognosi di una famiglia in affidamento che famiglie disponibili a prendersene carico. E a causa della diffusione delle droghe, il numero di questi bambini era in continuo aumento. Il bisogno era grande, quindi dopo averne parlato con i nostri figli abbiamo cominciato le lezioni. Nel 2014, abbiamo ottenuto la licenza di genitori affidatari e, nello stesso giorno in cui è stata ufficializzata la licenza, abbiamo accolto i primi 2 bambini in affidamento.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Pronti o no, eravamo diventati genitori affidatari.


Era febbraio 2017, avevamo avuto tanti bambini in affidamento e ormai eravamo considerati genitori affidatari stagionati. Avevamo un buon rapporto con gli assistenti sociali e loro sapevano quali fossero i bambini più adatti alla nostra famiglia. Non tutti i bambini e famiglie affidatarie si trovano bene assieme e, per far sì che un bambino cresca bene quando è in affidamento, deve essere affidato alla famiglia giusta. Una sera stavamo finendo di cenare e avevamo restituito da poco tempo una bambina di cui ci eravamo presi cura per un anno, quando è arrivata una telefonata. ‘LeAnne, abbiamo un bambino di 2 mesi per l’affidamento. È in ospedale e volevamo sapere se potete accoglierlo voi’. ‘Sì, certamente!’ ho risposto subito. ‘Grazie, l’assistente sociale ti chiamerà non appena sarà pronto ad uscire dall’ospedale’.


Non lo sapevamo, ma quella telefonata avrebbe cambiato le nostre vite per sempre!


Non vedevamo l’ora che l’assistente sociale ci chiamasse, perciò io ed Eric siamo andati in ospedale. Quando siamo arrivati, ci hanno condotti alla stanza in cui si trovava l’assistente sociale con il bambino in braccio. Non avevo mai visto un bambino come lui. Era blu! Blu, non rosa come gli altri bambini. Sulla sua pelle si vedevano tutte le vene che gli attraversavano il corpo. Non c’era grasso sulle sue ossa. Aveva una testa enorme e i punti più morbidi si potevano vedere benissimo, in più erano visibilissimi anche i punti in cui il suo cranio si stava saldando. Faceva pena. Era minuscolo, fragile, non si muoveva e, se devo dirla tutta, onestamente sembrava un alieno. So che sembra orribile da dire, ma è l’unica parola adatta a descriverlo. L’assistente sociale me lo ha messo in braccio ed io ero super nervosa, ma nel momento in cui l’ho preso, ho capito che io ed Eric avremmo lottato con tutti i mezzi possibili per tenerlo al sicuro.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Mio marito, grande e grosso, aveva le lacrime agli occhi e l’assistente sociale ha iniziato a compilare i moduli per affidarcelo. Il bambino stava morendo di fame. Le persone che lo avevano messo al mondo avevano scelto di non nutrirlo perché avevano di meglio da fare, come dormire o andare al lavoro. Era stato ricoverato per dieci giorni in uno dei migliori ospedali pediatrici perché non era cresciuto adeguatamente. Non aveva nulla che non andasse in fatto di salute e non era per quello che non aveva acquistato peso. Durante la sua permanenza in ospedale aveva preso 300 grammi e ciò dimostrava che fosse in grado di prendere peso, ma una volta dimesso le cose erano peggiorate ancora.


Dopo la sua permanenza, l’ospedale aveva incaricato un’infermiera di andare a controllare le sue condizioni un giorno sì e uno no. Alla sua prima visita lo aveva trovato addormentato sulla sua sdraietta. Era sporco, coperto di peli di gatto e di cane e aveva il pannolino impregnato. La tabella in cui i genitori avrebbero dovuto registrare i suoi pasti non era stata riempita. Perciò l’infermiera ha chiesto un biberon, perché non se ne sarebbe andata senza avergli dato da mangiare. La madre naturale è andata verso il frigorifero, ha preso un biberon freddo e lo ha passato all’infermiera. L’infermiera le ha detto che il biberon era troppo freddo per potergli dare da mangiare e se potesse scaldarglielo. La mamma, aveva risposto scocciata: ‘Se ha fame, mangerà così’. L’infermiera gli ha dato quel latte freddo per fargli ricevere un po’ di nutrimento e lui ha mangiato. Finita la visita, è uscita fuori e ha chiamato le autorità. Non sapeva che quello stesso giorno il medico referente che l’aveva incaricata aveva chiamato i servizi sociali.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

A rispondere era stata una detective donna. Madre anche lei, sapeva che quello che stava succedendo era una situazione di vita o di morte, perciò lo ha portato subito via da quella casa. Quel giorno la detective gli ha salvato la vita! Ha raccolto le prove ed ha aperto un caso per abbandono. Anche se sapeva che ciò che era in atto era abuso, non aveva idea di cosa si sarebbe scoperto di lì a poco.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

La sera che lo abbiamo portato a casa eravamo spaventati. Ci avevano appena detto che sarebbe potuto morire, qualche altro giorno senza delle cure adeguate e sarebbe morto! Non pesava neanche lontanamente abbastanza. Quella notte abbiamo iniziato ad occuparci di lui seguendo degli orari. Il suo pancino riusciva a trattenere solamente 15 g di latte artificiale per ogni poppata. Perciò dovevamo nutrirlo ogni 2 ore. La parte difficile: doveva mangiare solo per mezz’ora, perché per lui era così dura che se ci avesse messo più tempo, avrebbe cominciato a consumare più calorie di quelle che assumeva mangiando. Perciò, anche se il nostro primo istinto era quello di farlo mangiare a sazietà, non potevamo farlo.


La prima notte, ha fatto fatica a finire i suoi 15 g di latte. Era esausto. Dormiva e dovevamo svegliarlo ad ogni poppata. Non ha pianto neanche una volta. Non si è mai svegliato da solo per mangiare. Non sapeva farlo. Per questo non era cresciuto. Quando un bambino piange perché ha fame o ha bisogno di qualcosa e nessuno risponde, a un certo punto lui smette di piangere. Quando il suo pancino non viene riempito, il bambino perde il senso della fame. Quando non viene nutrito adeguatamente, perde tono muscolare e grasso corporeo. Senza grasso, il suo corpicino non è in grado di regolare la temperatura. Si arrende e smette di lottare, si arrende e smette di vivere. Quel bambino si era arreso, ma noi non ci eravamo arresi nei suoi confronti. Pian piano, i suoi 15 grammi sono diventati 20, poi 30 e così via.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Un’infermiera veniva a controllarlo una volta a settimana e noi lo portavamo dal pediatra una volta a settimana per farlo pesare e controllare. Avevamo una bilancia apposita su cui pesarlo quotidianamente. Lui mangiava e stava mettendo su peso, ma c’era ancora qualcosa che non andava. Non aveva tono muscolare, sembrava una bambola di pezza. Braccia e gambe erano semplicemente attaccate al corpo e non riusciva a tenere su la testa… una testa che continuava a crescere. Quando aveva le energie per stare sveglio, i suoi occhi sembravano vuoti, quasi fosse cieco. E comunque non piangeva e non emetteva alcun suono. La seconda volta che è venuta l’infermiera, le abbiamo spiegato le nostre preoccupazioni e le abbiamo detto che ne avremmo parlato col pediatra. Lei ha ascoltato attentamente e, quando abbiamo finito, ci ha chiesto se avessimo mai sentito parlare della sindrome del bambino scosso.


La sindrome del bambino scosso… cioè, MAI E POI MAI SCUOTERE UN BAMBINO! Abbiamo fatto subito delle veloci ricerche online e chiamato il medico referente. Era in vacanza, perciò abbiamo spiegato tutto all’infermiera e abbiamo aspettato che qualcuno ci richiamasse per dirci cosa fare. Quella sera, ha squillato il telefono. Era Emily, il medico. Ha detto che era seduta in spiaggia e che stava pensando al suo dolcissimo bambino e che anche lei aveva raggiunto la stessa conclusione: sindrome del bambino scosso. Ha richiesto una risonanza magnetica e un’ecografia. Ci ha chiamato l’ospedale in cui era stato ricoverato per organizzare tutto.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Un mese dopo averlo tenuto in braccio per la prima volta, ha fatto una risonanza magnetica alla testa. Era ad alto rischio, perciò ha dovuto passare la notte in ospedale. Siamo rimasti anche noi, abbiamo pregato di avere risposte e abbiamo aspettato i risultati. Il mattino dopo la stanza era piena di camici bianchi. Non avevo mai visto così tanti medici tutti in una stanza. Ci hanno detto che la risonanza magnetica aveva mostrato sangue in entrambi i lati del cervello e dietro agli occhi. Gli ematomi corrispondevano a traumi non accidentali. C’era sangue nuovo e sangue vecchio.


Poi hanno dovuto fargli un’ecografia completa di tutto lo scheletro per cercare se ci fossero fratture. Abbiamo di nuovo aspettato i risultati ed è stato un sollievo scoprire che non ce n’erano. Quel giorno abbiamo parlato con tanti specialisti che ci hanno detto cosa sarebbe successo in futuro. Tanti appuntamenti per risonanze magnetiche, elettroencefalogrammi, elettrocardiogrammi, TAC, terapisti e tanto altro. Non avevamo molto tempo per digerire tutte quelle informazioni perché dovevamo concentrarci sull’avere risposte, su cosa fosse successo a quel dolce bambino e chi ne fosse la causa. E dovevamo farlo velocemente, perché l’obiettivo per il suo caso era ancora il ritorno dai genitori. Quel bambino doveva fare visita due volte a settimana a quelli che molto probabilmente erano proprio coloro che lo avevano maltrattato.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Ci sono tanti dettagli che potremmo dire, ma alla fine tutti i dettagli hanno portato la detective ad avere una confessione. Il bambino piangeva perché aveva fame. Doveva essere nutrito, ma il suo papà naturale aveva deciso che quel pianto gli dava fastidio e che, se non avesse smesso, lo avrebbe preso dalle costole e lo avrebbe scosso più e più volte, per poi gettarlo sul divano. Dal quale era rimbalzato ed era finito sul pavimento. Quando la detective gli ha chiesto cosa fosse successo dopo, lui ha risposto: ‘Beh, ha smesso di piangere’.


Poi ha detto che il bambino aveva avuto le convulsioni, ma che non aveva chiamato i soccorsi perché non voleva finire nei guai. E sua moglie aveva risposto: ‘A volte si sente frustrato’. E comunque, quella donna sapeva che al bambino era successo qualcosa, ma aveva deciso di dargli il biberon e lasciar perdere. E lei, colei che lo ha partorito, è rimasta con l’aggressore anche durante il processo, avvenuto un anno e mezzo dopo che lo avevamo preso con noi. Il padre è stato condannato a 4 anni di prigione, mentre il bambino a una vita da disabile.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Ma ora la parte felice della storia. Il bambino era tanto amato. Lottava duramente. Lo abbiamo portato a casa e non solo gli davamo da mangiare, ma lo tenevamo in braccio. Sempre, ad ogni poppata. Durante il giorno lo tenevo stretto a me per fargli sentire il battito del cuore e il contatto della mia pelle sulle guance. A 4 mesi ha cominciato le terapie. Ergoterapia, fisioterapia e altre. Per molti mesi non è riuscito a tenere su la testa, a un anno non sapeva ancora stare seduto da solo, figuriamoci camminare.


Fortunatamente abbiamo trovato degli specialisti che hanno lottato con noi. Ci hanno detto che non ci avrebbero detto cosa poteva o non poteva fare, ma che avrebbe dovuto dircelo lui. Hanno detto che il cervello è una creazione fantastica e che la neuro-plasticità è una scienza incredibile che permette al cervello di guarire. E anche se ha sofferto di un trauma cranico che gli ha causato danni al cervello, il cervello ha la capacità di riformarsi.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

A 2 anni gli è stata diagnosticata una paralisi cerebrale ipotonica, qualcosa che rimarrà per tutta la vita. Inoltre, soffre anche di disfagia, un disturbo che intacca la sua capacità di mangiare e deglutire, perciò, ad oggi, beve ancora latte artificiale. È anche disprassico, il suo cervello sa che cosa vuole dire ma i suoi muscoli non sempre riescono a capirlo. Ha finalmente cominciato a camminare con l’aiuto di un tutore apposito a due anni e mezzo. Lui lotta tutti i giorni e usa tantissime energie per superare la giornata. Ci sono giorni in cui il suo corpo è distrutto, perciò la maggior parte del tempo la passa sul divano. Non riesce a stare al passo con i bambini della sua età, ma è felice! Lui non vede le sue differenze e non si fa fermare da queste.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Nella sua breve vita è stato tantissime volte in ospedale. A causa della sua diversità è a rischio di malattie ed è difficile riuscire a liberarsene, perciò quando si ammala si ammala sul serio e solitamente finisce in ospedale. Il personale degli ospedali si innamora sempre di lui perché lui sorride sempre. Ha conquistato il cuore di tutti i suoi terapisti e dottori. Di recente, in tanti ci hanno detto che non avrebbero mai immaginato che sarebbe arrivato a questo punto oggi. Anche se non hanno voluto dire quello che potrà fare, hanno detto tutti che non si aspettano che faccia molto. Ma finora ha superato le loro aspettative. AMORE e cibo possono cambiare una vita.


Dopo tante testimonianze, tante lacrime e preghiere e tanto duro lavoro da parte di assistenti sociali appassionati e affettuosi, il tribunale ha deciso di darci la custodia permanente del bambino. La decisione è avvenuta l’anno scorso poco prima del ringraziamento e del terzo compleanno di Easton Matthew, che è diventato ufficialmente il nostro quinto figlio. Il bambino di cui Dio sapeva che avevamo bisogno! Molte persone dicono che è fortunato ad averci, ma noi non siamo d’accordo. Siamo noi ad essere fortunati ad averlo. Non avremmo mai immaginato, 15 anni fa, di crescere un bambino disabile dopo aver ascoltato un programma alla radio. Né di condividere la nostra casa, la nostra anima e il nostro cuore con questo meraviglioso bambino che è nostro figlio!”


Per gentile concessione di Eric e LeAnne Stadler

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler
Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Ok, di solito io mi limito a leggere queste storie e vado avanti, ma questa mi ha fatto piangere. Una delle più commoventi che abbia mai letto.

Per concessione di Eric e LeAnne Stadler

Grazie per aver salvato questo meraviglioso bambino. Sarebbe bello se al mondo ci fossero più persone come voi e nessuno che faccia del male a dei bambini innocenti. C’è bisogno di più famiglie fantastiche come la vostra!
Tanti auguri per il futuro a questa famiglia.