La nostra società e i nostri notiziari è facile che ci facciano concentrare su tutte le cose terribili che avvengono al mondo. Ultimamente leggiamo spesso titoli terribili che riguardano cambiamento climatico, sparatorie o la pandemia. In generale, è facile pensare che il mondo stia andando nella direzione sbagliata.
Perciò credo che sia di vitale importanza mettere in luce storie che mostrano la forza e la persistenza dell’umanità. Possono succedere miracoli e si possono superare gli ostacoli nonostante le prospettive siano buie.
La storia di Harrison Okene è una di queste.
Tutto è cominciato quando un rimorchiatore stava per rimorchiare una petroliera al largo delle coste della Nigeria. Harrison Okene lavorava come cuoco a bordo della Jascon 4 ed era felice della sua vita in mare.
In quel giorno del 2013, il rimorchiatore avrebbe dovuto stabilizzare la grande petroliera al largo dell’Atlantico, a qualche miglio dalla costa della Nigeria.
Si trattava di un lavoro di routine, ma il maltempo ha reso tutto più complicato.
I forti venti hanno reso la situazione estremamente pericolosa. Poi all’improvviso è arrivata un’onda enorme che ha colpito il rimorchiatore facendolo affondare. In pochi secondi tutto si è trasformato in un incubo e l’equipaggio di 12 uomini della Jascon 4 si è ritrovato sotto le onde.
O almeno, quello era ciò che pensava la guardia costiera.
L’imbarcazione è affondata rapidamente e si è fermata a 30 metri di profondità. Entrava acqua e l’equipaggio non aveva possibilità di sopravvivenza.
Purtroppo sono morti tutti, fatta eccezione per il cuoco, Harrison Okene.
Quando la barca si è rovesciata, lui si trovava in un punto che gli ha salvato la vita.
“Erano circa le 5 del mattino e io ero in bagno quando la barca ha iniziato ad affondare. Affondava molto rapidamente,” ha raccontato Harrison Okene ad AP.
Era buio pesto, ma in qualche modo l’uomo è riuscito ad uscire dal bagno e ha trovato una bolla d’aria nell’ufficio dell’ingegnere.
È riuscito a costruirsi una sorta di piattaforma per tenere la parte alta del corpo fuori dall’acqua e impedire così l’ipotermia. Ma, nonostante la bolla d’aria gli abbia dato una possibilità di sopravvivere, non l’avrebbe tenuto in vita per sempre.
Okene non aveva nessuna possibilità di uscire dalla barca. E anche se fosse riuscito ad uscire, si sarebbe trovato a 30 metri di profondità, cosa che ovviamente non avrebbe potuto sapere.
È difficile immaginare cosa debba aver provato trovandosi la sotto. Si trovava lì, in quella stanza piccola, buia e fredda e indossava solamente le mutande. Dal suo luogo sicuro purtroppo sentiva anche le creature marine che si cibavano dei suoi colleghi morti.
Il povero Harrison Okene si è reso conto che c’era solamente una cosa che poteva fare: pregare per la sua vita.
“Attorno a me c’era solo buio e qualche rumore. Io piangevo e imploravo Dio di salvarmi. Pregavo davvero tantissimo. Avevo tanta fame, sete e freddo e pregavo solamente di poter vedere una luce,” ha raccontato.
Incredibilmente, le sue preghiere sono state ascoltate. Finalmente, dopo due giorni nella sua bolla d’aria, Okene ha sentito dei rumori. Un team di sommozzatori sudafricani sono scesi giù nel relitto per poter recuperare i corpi dei morti. Quando hanno iniziato a controllare le stanze, uno di loro ha scoperto qualcosa che lo ha lasciato di stucco.
All’inizio il sommozzatore, Nico van Heerden, credeva di aver trovato il corpo di un altro membro dell’equipaggio. Ma poi ha notato che invece Okene muoveva la mano ed era vivo. Non appena passato lo stupore, il sommozzatore ha ricevuto istruzioni di calmare Okene accarezzandogli la spalla.
La telecamera del sommozzatore ha ripreso la reazione di shock del povero uomo in fondo al mare, che si può vedere nel video qui sotto.
Okene ha mostrato una calma eccezionale e ha seguito tutte le istruzioni del sommozzatore, che lo ha aiutato a tornare in superficie.
“So che quando mi ha dato l’acqua mi stava osservando come per vedere se fossi veramente umano, perché era spaventato,” ha detto Okene ad AP.
Non è stata una sciocchezza. Quando finalmente l’uomo è riemerso, lo hanno tenuto in una camera iperbarica per alcuni giorni per evitare danni cerebrali. La sua scoperta e salvataggio possono essere definiti “La grande fuga”. In seguito l’uomo ha detto di essere sopravvissuto grazie ad una lattina di Coca Cola.
Nonostante le terribili circostanze, Okene è riuscito a tornare da sua moglie Akpovona. Come rivelato da lei, il marito ha sofferto di incubi per mesi dopo l’incidente.
“Quando dorme rivive quello shock. Di notte si sveglia e mi dice: ‘Amore, il letto sta affondando, siamo in mare’,” ha raccontato la signora Okene.
Dopo la sua esperienza di quasi morte, Okene ha giurato che non si sarebbe mai più avvicinato all’oceano. Ma in seguito ha cambiato idea. Questa storia potrebbe essere degna della scenografia di un film.
Anni dopo la missione di soccorso, il sommozzatore Nico van Heerden e Harrison Okene sono diventati buoni amici.
“Ho trovato un amico per la vita. Una volta che si salva la vita a qualcuno, si crea un legame con quella persona che capiscono in pochi,” ha raccontato van Heerden a Netwerk nel 2015.
Sempre nel 2015, Okene ha superato la sua paura dell’acqua ed ha frequentato dei corsi di immersione. Così facendo, è diventato sommozzatore certificato ed ha ricevuto il suo diploma proprio da Nico van Heerden.
“Sono molto felice di essere diventato sommozzatore. È stato molto bello. Mi sono divertito e ora sono addestrato a salvare altre persone,” ha detto.
Lo sguardo di Okene quando è stato salvato è qualcosa che ricorderò per sempre. Quando si arriva al punto di accettare di morire, vedere una speranza deve essere incredibile.
Per me questa storia è segno che non bisognerebbe mai perdere le speranze. Deve essere stato davvero bello essere salvati dopo tutto quel tempo al buio e al freddo!
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